“Perdona gli altri, non perchè essi meritano il perdono, ma perchè tu meriti la pace!”
Buddha
Che cosa è il perdono? Su qualsiasi dizionario è facile trovarne una definizione, se ne parla nei testi sacri, siamo cresciuti con il diktat “devi imparare a perdonare”. Ma ci siamo mai fermati a riflettere sul vero significato che ha per noi questo sostantivo?
Probabilmente avremo pronunciato questa parola un migliaio di volte: “perdonami, perdonalo, prova a perdonare…”Ma quale è il nostro rapporto con il perdono?
Durante un master universitario con alcuni colleghi ci siamo soffermati a riflettere proprio su questo termine e da un brainstorming sono emerse cose davvero interessenti, perdono: “fai un dono all’altro”, “cancella un torto subito”, “lascia andare ma non dimenticare”, “cancella la vendetta”, “esercita la compassione”, “smetti di provare rabbia e risentimento”,“quando perdono lascio andare un pezzetto di io che è stato ferito”. Quest’ultima è la definizione che più sento mia, quella che trovo maggiormente in linea che il mio modo di essere mindful.
Il perdono dalla notte dei tempi è sempre stato appannagio delle diverse dottrine religiose, ma negli ultimi anni anche la psicologia si è accupata di perdono.
Il perdono è un processo articolato che comporta una serie di passaggi: la consapevolezza dell’ingiustizia o offesa subita, l’essere in grado di comprendere il punto di vista altruii e la rilettura di quanto è accaduto in termini costruttivi. Ogni step ha bisogno di un tempo fisiologico, per questo motivo soprattutto in caso di gravi torti subiti non si riesce a perdonare dall’oggi al domani. È importante sottolineare che il perdono è inversamente proporzionale all’intenzionalità dell’azione che ha comportato un danno, meno intenzionale è l’azione commessa più facile sarà perdonare chi l’ha commessa. Pensiamo ad un incidente stradale è più facile perdonare quando si ritiene che un sinistro sia stato causato da una distrazione, rispetto a quando si pensa che si è ad esempio intenzionalmente fatto un sorpasso pericoloso.
Secondo la psicologia sociale dietro a questo processo ci sarebbe una ragione evolutiva, perdonare e appianare i dissapori servirebbe a preservare le relazioni sociali , necessarie alla conservazione della specie e del sistema sociale.
All’università di Pisa un gruppo di ricercatori guidati dal professor P.Pietrini ha effettuato attraverso risonanza magnetica funzionale uno studio sul perdono, i risultati hanno dimostrato l’esistenza di un complesso network cerebrale (corteccia prefrontale dorso laterale, corteccia del cingolo, precuneo, corteccia parietale inferiore) che si attiverebbe quando si mette in moto il processo del perdono, il complesso lavoro delle diverse aree determinerebbe una rilettura del torto subito: “il nostro studio ora indica che il perdono affonda le proprie radici nel cervello e che si configura come un processo cognitivo articolato che può consentire all’individuo di superare stati emotivi negativi tramite la rivalutazione in termini positivi di un evento negativo (P.Petrini)”.
Un altro elemento che può velocizzare il perdono sono le scuse, riceverle ed accettarle è particolarmete utile a vedere da un diverso punto di vista quanto è accaduto.
Proviamo ad esercitare la difficile arte del perdono, rimugiare su i torti subiti è deleterio per la nostra salute psichica, perdonare non significa dimenticare ma scegliere di andare avanti.
Bibliografia:
M. E. Mc Cullogh, C. V. O. Witveliet (2009), “The Psychologyof Forgiveness”, in Snyder C.R., S. J. Lopez (eds), Oxford Hanboook of Positive Psychology, Oxford University Press, Uk.