“Il dolore ti rovescia lo stomaco, ti toglie il respiro, riduce l’apporto di sangue al cervello; il lutto sospinge in una direzione nuova.”
J. Barnes
Il lutto è un’esperienza che ognuno di noi si trova ad affrontare molteplici volte durante la propria vita. Il lutto è una perdita. Trovo molto corretta ed esaustiva la definizione che ne da Galimberti: “il lutto è lo stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo, che ha fatto parte integrante dell’esistenza. La perdita può essere di un oggetto esterno, come la morte di una persona, la separazione geografica, l’abbandono di un luogo, o interno, come il chiudersi di una prospettiva, la perdita della propria immagine sociale, un fallimento personale e simili.”
Nella maggior parte dei casi abbiamo tutte le risorse per affrontare e superare il lutto, ma può accadere che si incontrino delle difficoltà e che il lutto si complichi, in questi casi può succedere di far ricorso a meccanismi che si ritiene siano di aiuto, in quanto ci tutelano apparentemente dalla sofferenza, ma in realtà sono solo fughe/evitamenti dall’accettazione del fisiologico dolore e che a lungo andare portano ad un incremento della sofferenza stessa.
Il lutto è un processo caratterizzato da diverse fasi che ci porta “ad attraversare il dolore” e “lasciar andare l’oggetto perduto”, per poter nel tempo ripristinare l’equilibrio che è stato alterato a causa della perdita.
Per superare il dolore associato ad una perdita bisogna accoglierlo e accettarlo, nessun lutto può guarire senza accettazione, un lutto non accettato diventa un lutto patologico o complicato, come lo definisce il Manuale diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5, APA 2013).
Kubler-Ross nel 1969, una psichiatra svizzera, descrisse le 5 fasi del lutto, tappe obbligatorie che un individuo che subisce una perdita si trova ad affrontare (in specifico la perdita di cui parla la psichiatra è quella di una persona):
1) Negazione: “non può essere vero”. La perdita è inaccettabile e si parla di chi è deceduto come se fosse ancora presente.
2) Rabbia: quando si inizia a comprendere l’assenza arrivano il dolore e la rabbia, auto o etero diretta, molto spesso la rabbia è diretta verso il defunto.
3) Patteggiamento: si prova a reagire al sentimento di impotenza cercando risposte che possano spiegare quanto successo.
4) Depressione: è la fase precedente alla risoluzione del lutto, non c’è più negazione, rabbia, ma solo un profondo senso di tristezza.
5) Accettazione: si riprende in mano la propria vita, il dolore è presente, ma non è sofferenza (la sofferenza = dolore x non accettazione). Si conservano i ricordi, ma si va avanti.
Il processo di elaborazione del lutto non è un processo lineare, ossia le fasi non sono necessariamente attraversate in sequenza, nella maggior parte dei casi si oscilla tra Rabbia-Patteggiamento-Depressione. In un lutto non risolto si rimane bloccati in una delle prime 4 fasi. Il tempo fisiologico di elaborazione del lutto varia tra i 6 ed i 12 mesi, si inizia a parlare di Lutto Complicato, esattamente come si trova nel DSM V di “Disturbo da Lutto Persistente Complicato” quando dopo 12 mesi c’è ancora un desiderio persistente e una forte nostalgia verso il defunto, un profondo dolore, pianto frequente e preoccupazione per il defunto (preoccupazione riferita anche alle circostanze in cui è avvenuta la morte), difficoltà ad accettare la morte, rabbia, incredulità, desiderio di morire per raggiungere chi non c’è più, compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree significative. La natura e la gravità del lutto inoltre devono essere non coerenti con le norme culturali, religiose o non appropriate alla fase di sviluppo.
Se trascorsi i 12 mesi ci si riconosce in quanto detto sopra il consiglio è quello intraprendere un percorso di psicoterapia che possa favorire il processo di accettazione. Le terapie cognitive di terza generazione, tra cui l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy: la Terapia dell’Accettazione e dell’Impegno) con un orientamento esperienziale basato sul qui ed ora e supportata da Pratiche di Mindfulness, sono quelle maggiormente consigliate.
Bibliografia:
APA. American Psychiatric Association (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Fifth Edition). Washington, D.C.: American Psychiatric Association.
Galimberti, U. (1999). Psicologia. Torino, Garzanti.
Kubler-Ross, E. (2005), La morte e il morire. Assisi, Cittadella Editrice.
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